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EVENTI E MOSTRE PITTURA - SPAZIO INTERATTIVO

ATTENZIONE
Questo spazio sarà a breve chiuso. Abbiamo tuttavia appena aperto la sezione EVENTI E MOSTRE DI PITTURA su Facebook dove sei invitato a postare il tuo evento.


Data Inserimento: Tue, Oct 26, 2010 - 16:59:27

Evento N°: 846

Nome: melis michela

SPONSOR

Località: ROMA
Vista
Arte e Comunicazione
Roma - Colosseo - via Ostilia, 41

OMAGGIO A GIORGIO DE CHIRICO
mostra personale di
NATASCHA AUENHAMMER
30 ottobre – 12 novembre 2010

Vista Arte e Comunicazione è lieta di presentare la mostra personale di Natascha Auenahammer “Omaggio a Giorgio De Chirico”.
Oltre 15 opere, collage e foto-pittura, della nota fotografa di Vienna, per raccontare un De Chirico inedito.
L’inaugurazione Sabato 30 Novembre alle 18.30. L’artista sarà presente al finissage previsto per Venerdì 12 Novembre alle 19.00.
La mostra è organizzata in collaborazione tra il Centro d’Arte Vista di Roma e la galleria Zebra di
Vienna

Scrive il Professor Nunzio Solendo … in queste opere fotografiche di Natascha Auenhammer, la composizione iconografica appare plasticamente e naturalmente scolpita, nella naturalezza particolare degli elementi, evocati con sensibile costruttiva ironia, diversificata dai frammenti oggettivi che appaiono da protagonisti emotivi di una ottica visione di approfondimento creativo e di attenta ricerca di personale poetica dell’arte contemporanea e di eccellente professionista. … la risoluzione creativa del montaggio fotografico, evidente nelle opere esposte, intitolate a: “Omaggio a Giorgio de Chirico” si rappresentano in tutta la loro bellezza nella ricostruzione assemblata dei Luoghi e della Stanza Metafisica, tra reale e immaginario, attualizzato da Natascha Auenhammer con identità personale innestate e manipolate alla Memoria Storica delle Opere dell’Eccelso Maestro Giorgio de Chirico, che avrebbe gradito gli aspetti creativi di questa manipolazione visiva nelle opere fotografiche presentate quali “ Omaggio a Giorgio de Chirico “ …


luogo: Centro d’Arte VISTA, via Ostilia 41, Roma
autore: Natascha Auenhammer
curatore: Alexander Jakhnagiev
Inaugurazione: Sabato 30 ottobre 2010 alle 18.30
Finissage con la presenza dell’Artista: Venerdì 12 Novembre 2010 alle 19.00
opere in esposizione: dal 30 Ottobre al 12 Novembre 2010
orari: dal Lunedì al Venerdì dalle 13.00 alle 19.00, Sabato dalle 17.00 alle 19.30
telefono: 06 45449756; 349 6309004
email: info@vistatv.it


Data Inserimento: Tue, Oct 26, 2010 - 09:23:47

Evento N°: 843

Nome: Tiziana Di Bartolomeo

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Località: Italy
PICCOLI QUADRI GRANDI EMOZIONI
L'associazione Studio l'Orologio Guelfo presenta la mostra di pittura "Piccoli Quadri Grandi Emozioni" dal 27 Ottobre al 13 Novembre. Inaugurazione Mercoledì 27 ottobre ore 17,00 tutti i giovedì, venerdì e sabato dalle ore 16,30 alle 19,00. Vicolo Sforza Cesarini, 3 00186 Roma e-mail: guelfo.orologio@tiscali.it 18 artisti espongono lavori di piccole dimensioni che vanno dai dipinti ad acrilico e tecniche miste su tela, dipinti su tavola ad olio agli acquerelli. Gli Artisti presenti alla mostra sono: Andreazza, Karim Aziz, Baruti, Benelli, Berg, Bergamo, Bonaccorsi, Bottoni, De Matteis, Tiziana Di Bartolomeo, Gentile, Levantesi, Martino, Luisa Passeri, Stefania Santi, Talucci, Tinto, Trojano.


Data Inserimento: Mon, Oct 25, 2010 - 22:30:22

Evento N°: 841

Nome: 3 ARTISTI E UN CONTADINO "vin che dorme" Maurizio Armellin, Ivan De Menis, Maurizio Frullani, Edi Keber

SPONSOR

Località: TREVISO
Cantina Edi KEBER
3 ARTISTI E UN CONTADINO / VIN CHE DORME
Maurizio ARMELLIN, Ivan DE MENIS, Maurizio FRULLANI, Edi KEBER
Introduzione critica di Fulvio DELL’AGNESE
Progetto a cura di Maurizio Armellin per Piccolo COLLIO
Catalogo in cantina
Parole e musica con QUARTETTO DESUETO www.quartettodesueto.com
SEDE: Cormòns (GO)-loc. Zegla 17
PHONE +39 048161184
E-MAIL: info@piccolocollio.it - maurizio.armellin@alice.it
WEB: www.piccolocollio.it - www.armellinmaurizio.blogspot.com
PERIODO: 31 Ottobre 2010 / 1 Maggio 2011
ORARIO: tutti i giorni esclusi i festivi dalle ore 9.30 alle ore 12.30
e dalle ore 15.30 alle ore 19.00
INAUGURAZIONE: SABATO 30 OTTOBRE ORE 15.15


3 ARTISTI E UN CONTADINO


Il territorio incontra l’arte, e non è la prima volta nella Cantina di Edi Keber in Zegla a Cormòns - Collio (Go). Dopo le mostre personali dell’artista Franco Dugo (2008) e Maurizio Armellin (2009), sabato 30javascript:SetSmiley('%C2%B0%C2%B0sp%C2%B0%C2%B0') ottobre ore 15,15 la cantina aprirà le porte al pubblico in occasione della Festa di fine vendemmia ed al vernissage di
3 ARTISTI E UN CONTADINO – Vin che dorme, introduzione del critico d’arte Fulvio Dell’Agnese.
Saranno visibili ai visitatori della cantina e al turista che da queste parti è solito venire per la bellezza delle sue colline e per assaporarne i prodotti che questa zona di confine posta tra Italia e Slovenia offre, fino a maggio 2011 opere pittoriche, installazioni e fotografie degli artisti Maurizio Armellin (Vittorio Veneto), Ivan De Menis (Treviso) e Maurizio Frullani (Ronchi dei Legionari). Ecco allora che il visitatore all’interno di un’insolita cornice tra barriques e magnum di “vin che dorme” (Collio riserva) avrà modo non solo di affinare il gusto olfattivo e visivo, ma di apprezzare anche la nuova bottiglia realizzata per il vino del territorio e di cui il “contadino” produttore Edi Keber ne è stato un promotore. L’evento sarà inoltre occasione per degustare il vino Collio, nel bicchiere “Beba” opera di Maurizio Armellin che per la nuova Associazione per il territorio “Piccolo COLLIO” (di Cormòns) ne ha curato l’immagine e realizzato Beba oggi mascotte e marchio, il tutto condito con musica e parole a cura del gruppo veneto Quartetto Desueto.



IL VIN CHE DORME E LA GALLINA INTELLIGENTE

La gallina… non è! ... un animale intelligente, recitava una canzone che subito torna alla memoria a sentir parlare di “Tre artisti e un contadino”.
Allora (erano i bigi anni ’70, destinati ad essere riabilitati dal truce decennio successivo, maculato di edonisti reaganiani, paninari in Timberland al posto delle Clark’s e postmoderni vari) trattavasi di “Il poeta e il contadino”, folgorante trasmissione televisiva costruita sulle facce di gomma di Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto, ma soprattutto radicata sui testi di gente come Enzo Jannacci, Beppe Viola, Felice Andreasi.
Già in quel contesto la qualifica di contadino era fittizia: l’ingenua ottusità del personaggio dalle braghe sopra la caviglia e con la sporta di plastica perennemente allacciata al polso si dimostrava solo apparente; nella realtà il confronto con la narcisistica supponenza dell’intellettuale rivelava proprio nell’outsider campagnolo la più significativa lucidità e concretezza di pensiero.
Venendo a noi, è evidente che anche il “contadino” di Zegla non la racconta giusta, celando sotto una cospicua dose di understatement, ovvero di consapevole sottovalutazione formale del proprio ruolo, il prestigio di cui da anni è circonfusa la sua sapiente attività di viticultore. Lo si capisce da come guarda la gente – avrebbe poi intonato il duo – che, diversamente dall’immagine tradizionale di una ruralità sana ma un po’ torpida, il nostro vignaiolo pensa eccome: non altrimenti si spiegherebbero le sue meditate strategie produttive e di valorizzazione del territorio e la propensione a contaminare i luoghi della propria attività con artistiche divagazioni.

Così è nel Piccolo Collio di Edi Keber che sono approdate personalità creative eterodosse come Maurizio Armellin. Le sue creature sono anzitutto i guardiani della cantina, sintesi apotropaica di colore fatto rilievo: due coppie di “bravi” appostati all’ingresso dell’area sacra a Dioniso, zazzeruti e ringhianti, che filtrano l’accesso all’alchemica bottega.
Da un lato, essi difendono il locale dove le bottiglie già mature attendono di prendere la propria strada verso distanti contesti domestici e amicali, nei quali spandere il proprio effluvio “oracolare”, che profuma e parla dei gusti profondi di una terra che tante ne ingloba, nello spessore umano della sua storia. Contesti in cui la bottiglia-bossolo di Collio, con la sua forma vagamente boccioniana, andrà a inserirsi con la medesima dose di irriverente eleganza presente nelle Nature morte di Maurizio: oggetti e brani di vita vegetale che – in foto di gruppo o in singolo ingrandimento – si caricano di un’accentuazione visiva che li potrebbe rendere drammatici o grotteschi, se non intervenisse a salvarli l’ampia dose di ironia che pervade il “mondo secondo Armellin”.
Il sorridente rigore di Maurizio, che in nome del paradosso inchioda alla triangolazione geometrica di una tovaglia forme e spazi instabili, subito destinati a scivolare liberi nella colata pittorica di una Natura metropolitana, sovrintende anche all’installazione nel cuore della collina, dove riposano le botti destinate all’invecchiamento. I tubi luminosi al neon, in quell’antro pulsante di bozzoli di rovere che covano il liquido amniotico della civiltà mediterranea, non ambiscono certo a ridefinire i contorni percettivi dello spazio, come le luci collocate in involucri vuoti di Dan Flavin; si offrono invece alla nostra lettura, serpentina fluorescente di alambicchi, per rendere conto visivamente del senso di quanto viene amplificato nel silenzio della cantina: il gorgoglio sommesso del Vin che dorme, e che nel ribollire del suo sonno sta nascendo.

Se Armellin rende visibile quanto avremmo acusticamente faticato a fare nostro, le opere di Ivan De Menis introducono a una dimensione più materica del divenire.
Sorprende nei suoi interventi la palpitante commistione dei materiali, dai quali – a partire dalle resine – Ivan sa trarre tutta la carica espressiva che essi implicitamente possiedono, proiettandoli ad assumere sembianze imprevedibili. Sotto le sue mani una semplice sovrapposizione di pigmenti si trasforma in colata di umori traslucidi o in dilatata, contemplativa stratigrafia; sulla quale ogni azione sottrattiva determina un’erosione corporea che travalica la categoria del graffito o del grattage, risolvendosi in effetti di insolita fisicità.
L’opera si offre alla visione frontale secondo una sorta di mappatura centuriata della propria estensione sul piano: riquadri regolari che si intuiscono appena, come ad uno stato di magma primigenio, nell’esame dello spessore laterale, che a sua volta non è mai contorno dell’immagine ma ne fa parte integrante; anzi, per certi versi è questa la sua componente decisiva, che proietta il nostro sguardo nel farsi della forma dipinta e ci dà il senso di un’illusiva coesione del rilievo alla parete. Tant’è che gli interventi di Ivan sembrano riallacciarsi, ancor più che alle pratiche dell’Informale novecentesco, alle millenarie sperimentazioni che hanno avuto il loro pittorico teatro sulle superfici murali, in un alternarsi continuo di spessori traslucidi e porosità granulose, di chimiche carbonatazioni e glassature ad encausto; e ne mantengono talora la suggestione di un diretto promanare del testo visivo dall’elemento strutturale, a far palpitare la parete come se ne venisse evidenziato un fremito sommesso fino ad allora non pienamente percepibile.
Non si tratta dello squarcio violento di cui è capace la natura, come nella roccia che in fondo alla cantina s’intrude possente nella stanza, ma di piccoli, umani sommovimenti, che alleggeriscono di pretese d’assolutezza le geometrie e lasciano trapelare qualche filo di luce sulle inquietudini, sui dubbi associati all’idea di profondità e alla prospettiva della riemersione. Uno che di profondità psicologiche se ne intendeva, come Hans Blumenberg, avrebbe affermato che la metafora visiva creata dall’artista vale a mostrare, con l’istintività del non detto, che “[…] in uno strato sotterraneo del pensiero era da sempre già stata data risposta a queste domande, una risposta che pur non ricevendo una formulazione nei sistemi ha tuttavia operato implicitamente con la sua presenza, nella tonalità, nella coloritura, nella strutturazione”1.

E nella polpa delle nostre fantasie, ben sotto la superficie, affondano anche i pastosi spessori visivi delle immagini di Maurizio Frullani.
Con le loro ombre così tanniniche – non a caso già al centro di una liaison con l’aceto di Josko Sirk – esse paiono quasi tener desta la memoria dei rossi di grado che fermentarono nella cantina di Keber prima del Collio paglierino. La sostanza dell’immagine si lega d’altronde con naturalezza al contesto in divenire di una pozione d’uva che lascia udire il sussurro del suo respiro. Perché il clima evocato da Frullani ha sì la penombra fuligginosa delle fiabe e leggende del Centro Europa, ma gli rimane abbarbicata una sospesa tensione mediterranea nel sentore di metamorfosi – apuleiana, misterica, non sublimata nella sonorità del verso come in Ovidio – che aleggia sull’odore di terra solforosa delle stoffe, che sembra di sentir crepitare, lontano e attutito, tra le fenditure di epidermidi argillose.
Siamo forse noi, in questo caso, a spiare come il Lucius dell’Asino d’oro le tenebrose mutazioni della strega, che “[…] dopo un lungo e segreto colloquio con la lucerna, è scossa per tutto il corpo da un tremito insistente”2?
Lo sguardo del fotografo esplicita in tale occasione altre suggestioni letterarie, accostando alle figure citazioni dalle liriche di František Halas e dal croato arcaico delle Ballate di Petrica Kerempuh, di Miroslav Krleža, con il loro sapore di crudo realismo, ribelle al punto di fondarsi liberamente sull’artificio linguistico; e le opere di Frullani provocano forse al gioco dei rimandi a quei testi proprio perché consapevoli di possedere i caratteri di entrambi: raffinatezza formale e calcolata grevità.
Baba Yaga ha abbandonato la casa sospesa su zampe di gallina assegnatale dalla tradizione fabulistica, ma non ha smarrito la sua torbida ambiguità. Indossa abiti frusti, che come le sue valigie e i velocipedi su cui viaggia paiono portarsi dietro la storia di un secolo intero; danza con una sorta di Woyzeck, che un attimo prima o subito dopo ci si trasforma sotto gli occhi in proboscidato spettatore alla Moebius di un concerto ad personam.
Tutto pare filtrato attraverso i tempi lunghi di un antico scavo della luce su cloruri d’argento, anche se è una Rollei bifocale che la crononauta tiene in mano, uscita dal suo scafandro di pizzi oscuri. Una stampella ne sostiene soffertamente il giovane corpo, reduce da epoche e battaglie lontane, ma a fare da baricentro è – al posto della lucerna di Pànfile – la macchina fotografica: l’effettivo strumento di magia.

Pordenone, 10 ottobre 2010
Fulvio Dell’Agnese

1 H. Blumenberg, Paradigmi per una metaforologia, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2009 [1960], p. 8.
2 Apuleio, Metamorphoseon libri XI, III, 21: “[…] multumque cum lucerna secreto conlocuta membra tremulo
succussu quatit”.




Data Inserimento: Mon, Oct 25, 2010 - 12:22:01

Evento N°: 840

Nome: AD3 Comunicazione

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Località: VENEZIA
*Premiazione vincitori del Concorso “Fabbricare Cose”*

La prima edizione della Venice Design Week ha premiato i giovani partecipanti al concorso internazionale "Fabbricare Cose" a cui hanno partecipato ventisei progetti provenienti da tutta Europa. La giuria internazionale era composta da docenti di accademie di Design tra cui Eugenio Farina direttore didattico della Scuola Italiana di Design, dal prof. Dr. Dörte Schultze-Seehof Dean Faccolta Kommunikationsdesign presso la design akademie berlin, Paolo Sustersic, coordinatore delle relazioni internazionali di Elisava Escola Superior de Disseny di Barcellona, centro vincolato all’Università Pompeu Fabra, oltre che dal prof. Campagnaro del Politecnico di Milano e prof. e critico d'arte Martignoni della Nuova Accademia di Design di Milano NABA.

Ai designer era stato chiesto di ideare un set di oggetti che contemplassero, l'utilizzo di tecniche industriali, artigianali e artistiche. I partecipanti hanno proposto gli oggetti più diversi e con la loro creatività hanno riflettuto sulle tecniche che rendono un'idea prodotto per il pubblico. Dai progetti si evince una notevole carica di inventiva e con il progetto vincitore del primo premio di Pivetta Francesca e Manca Enrico, denominato Mapi, risulta chiara anche l'attenzione all'ambiente; i progettisti, attraverso il riciclo di oggetti, re-inventano nuove forme per funzioni contemporanee. Il progetto ha, rispetto agli altri, un impatto ambientale e sociale degno di nota. Seconda classificata è la spagnola Mendiola Idoia in gruppo con Cossalter Daniele che puntano l'attenzione sul potenziale di ognuno di noi per la produzione seriale di oggetti che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni. Il pubblico inventa la fantasia che viene impressa serialmente sul materiale plastico per poi essere trattata artigianalmente in diversi accessori che in questo modo sono personalizzati. Il terzo premio è stato assegnato ex-aequo a Barberio Michele per “Un sogno nel cassetto” e a Emilia Perego per “Inflatable survival kit”. I terzi classificati andranno a Berlino per un workshop alla Design Akademie.
La premiazione si è tenuta il 17 ottobre nella splendida cornice di Ca' Zanardi alla presenza dei designer partecipanti al concorso e all'esposizione diffusa della prima edizione della Venice Desing Week.

La Venice Design Week di Ottobre 2010 ha visto il coinvolgimento di 60 designer provenienti da Italia, Spagna, Belgio, Inghilterra e Georgia.
L'esposizione diffusa in città in 30 locations si è scandita in percorsi di design articolati e coinvolgenti per il pubblico che desiderava scoprire idee originali. La Venice Design Week ha inoltre coinvolto una settantina di studenti del primo ciclo in laboratori organizzati nelle scuole da vogliadarte.it in collaborazione con I Designer di Civico 13 e Michele Corna. I lavori dei bambini sono stati presentati nella Scoletta dei Calegheri in un'originale esposizione sospesa da palloncini colorati. Nel convegno iniziale con Gillo Dorfles si è discusso del particolare rapporto tra artigianato arte e industria evidenziando lo spazio eterotopico dell'oggetto. La cittadinanza ha preso parte agli incontri con i designer in un fitto programma di attività di conoscenza e discussione del design nella contemporaneità. Fabio Novembre, architetto e designer, ha contribuito alla manifestazione presentando un punto di vista dedicato a chi non intuisce che cosa significhi Design con la presentazione del libro “il design spiegato a mia madre”.

E' stata annunciata la seconda edizione della Venice Design Week per l'autunno 2011 oltre alla seconda edizione del concorso “Fabbricare Cose” con scadenza a giugno 2011.

Hanno sostenuto la manifestazione patrocinata dal comune di Venezia le aziende Dieffebi e Marchiol illuminotecnica.

L'evento è a cura di Venice Design Week

ideato da vogliadarte.it
organizzato da AD3.it

Ufficio stampa: AD3 Comunicazione

tel. 041 5209245

http://www.designweek.it/


Data Inserimento: Sun, Oct 24, 2010 - 16:43:42

Evento N°: 839

Nome: fabrizia sgarra

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Località: ROMA

Fabrizia Sgarra in mostra a Cave(rm):

L'artista predilige la tecnica dell'acquarello,i colori sfumati
e le tinte tenui con le quali ritrae figure e volti femminili,
ma non si sottrae all'uso di forti contrasti sperimentando nuovi soggetti e nuove luci.
Agriturismo l' oca bianca Cave
30-31 ottobre 2010 ore 10-19

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